John Stuart Mill

 

Introduzione

 

Le radici filosofiche di J. S. Mill sono nel movimento utilitarista inglese di cui suo padre, assieme a Bentham, fu uno del fondamentali protagonisti. […]

La relazione di Mill con il suo retroterra filosofico è fondamentale. Certamente anche Mill, come qualsiasi utilitarista, era persuaso profondamente che l'azione moralmente giusta fosse quella in grado di aumentare il grado di felicità per il maggior numero. Ma egli aveva vissuto da vicino la critica romantica all'etica utilitaristica che si era andata sviluppando da Coleridge a Carlyle e aveva cercato di bloccarne gli effetti maggiormente devastanti. Secondo i romantici inglesi l'utilitarismo rendeva l'esistenza piatta, egoistica, banale, anti-eroica, una fabbrica ideale di commercianti privi di nobiltà e di spirito. Mill cercò di mostrare come i piaceri - la felicità - di cui parla l'utilitarismo fossero tutt'altro che incompatibili con una raffinata educazione dello spirito.

Anzi Mill mise i piaceri dello spirito e della cultura - l'arte, la musica - al primo posto nella gerarchia dei piaceri. L'argomento polemico del «porco epicureo», insensato nei confronti degli epicurei, lo era altrettanto nei confronti degli utilitaristi. Il corrispettivo sociale era la borghesia industriale inglese, che, uscita dal travaglio della rivoluzione industriale e dalle dispute con il capitale agrario, entrava ora in una fase di sicura egemonia in cui poteva recuperare come «tempo libero» e «stile» quell'educazione romantica - il culto della natura, dell'arte, della poesia - che, alcuni decenni avanti, le si era opposta come alternativa culturale e anche politica.
Il radicalismo storico dei padri dell’utilitarismo trovò in Mill un seguace coerente. Il problema storico non era più quello di sostenere filosoficamente un quadro di riforme giuridiche e politiche capaci di date spazio al nuovo assetto sociale post-rivoluzione industriale. Ma l'etos del radicalismo liberale trovava nuovi obiettivi di impegno democratico. L'ampliamento del diritto di voto a tutti quindi anche alle donne, la salvaguardia dei diritti delle minoranze che il sistema maggioritario rischiava di mettere ai margini.
Erano tutte battaglie che Mill conduceva nella tipica ottica liberale dei diritti dell'individuo, diritti da far valere non soltanto nei confronti del potere politico ma anche della società quando diventava luogo di pietrificazione delle opinioni, del conformismo e quindi la violenza nei confronti di ogni idea nuova o differente da quelle comunemente riconosciute. Mill è profondamente convinto che sono queste le battaglie che rafforzano ed ampliano la democrazia poli impedendone la crisi in un autoritarismo mascherato.
Il presupposto della democrazia è l'uguaglianza di diritti giuridici di tutti i cittadini: ma un'uguaglianza attiva capace di suscitare quelle energie politiche attraverso cui una società si avvale della partecipazione di tutti se pure attraverso l'istituto della rappresentatività. Quest'idea di una società liberale aperta è per Mill il luogo ideale in possono essere anche risolti quei conflitti di classe che ormai nella storia inglese costituiscono un dato permanente. Mill è convinto come ogni altro utilitarista che la legislazione sia lo strumento in cui il conflitto sociale può trovare una equilibrata composizione. La situazione spesso drammatica della classe lavoratrice inglese ha avuto talora in Mill un suo interprete. Egli inserisce il miglioramento delle
condizioni di vita dei lavoratori inglesi in un quadro sociale di evolutivo nel quale i lavoratori facciano valere il loro potere contrattuale. La posizione di una classe è come ogni altra posizione di tipo egoistico: ma è anche un fattore che, componendosi nell'insieme, secondo un equilibrio prodotto dai vari egoismi, favorisce lo sviluppo economico e quindi anche il progresso sociale. Mill aveva assunto in un primo tempo un atteggiamento fortemente anti-socialista vedendo nel socialismo un sistema socio-politico che avrebbe diminuito il livello di intrapresa individuale degli uomini deprimendo così sia la loro iniziativa sia gli effetti positivi che l'iniziativa del singolo provoca sull'insieme sociale. In un secondo tempo aveva fatto proprie le ragioni di giustizia sociale affermando che una maggiore equità sociale poteva essere raggiunta nel processo di distribuzione della ricchezza.  Teoria che è del tutto parallela alla sua concezione economica secondo cui il processo di produzione si basa su elementi naturali mentre il processo di distribuzione è una variabile storica.

La riflessione economica di Mill conduce a pensare che la legge del mercato, come elemento di sviluppo, che vale per l'Inghilterra vale anche a livello mondiale. Egli infatti è per l'abolizione dei dazi protettivi e per la libera circolazione delle merci come fattore di integrazione sociale e storica tra i popoli. Il positivismo inglese e in particolare Mill videro in questa politica liberista quasi il simbolo di una nuova epoca: nella formazione del mercato mondiale essi indicano l'unificazione del genere umano. Fu il sogno ideologico del periodo di maggiore espansione mondiale della civiltà capitalistico-industriale inglese.

[Vegetti, Alessio, Fabietti Papi, Filosofie e società, Bologna, Zanichelli, 1982, pp, 273-276]