Risponde Umberto Galimberti
Gli sprecati del sabato sera
Il sociologo tedesco Falko Blask, nel riferire alcuni stili di
vita della gioventù
tedesca,
scrive: "Meglio esagitati ma attivi che sprofondati in un mare di
tristezza meditativa, perché se la vita è uno stupido scherzo, dovremmo almeno
poterci ridere sopra"
Eccomi
qui, seduta sul sedile posteriore di una Opel Corsa, superando i
Ho pubblicato la sua lettera porche rende
molto bene il clima del sabato sera di molti ragazzi
che, tra alcool, droga, rumore;. velocità, si assentano dalla loro esistenza e
talvolta vi pongono semplicemente fine. Perché?
Speranze deluse circa la possibilità di reperire
un senso? Inerzia in ordine a un significativo investimento su di sé? Sovrabbondanza
e opulenza che hanno agito come addormentatori sociali? Indifferenza di fronte
alla gerarchia dai valori, noia, spleen senza poesia? Incomunicabilità. non
come fatto fisiologico tra generazioni, ma corme presa di posizione? Un vuoto
pieno di rinuncia, assordato solo dalla musica a tutto volume?
Probabilmente tutti questi fattori che
insieme scavano un terreno dove prende forma quel genere di solitudine che
non è la disperazione che attanaglia quanti un giorno hanno sperato, ma una
sorta di assenza dì gravità che si trova a muoversi nel sociale come in uno
spazio in disuso. dove non è il caso di lanciare alcun messaggio. perché non
c'è anima viva che lo raccolga, e dove se si dovesse gridare aiuto. ciò che
ritorna sarebbe solo l'eco del proprio grido.
Accade allora che l'indifferenza emotiva
si coniuga col fatalismo connesso al concetto di destino ("sono fatto
così") e allora questi giovani, che già hanno rinunciato a chiedere
qualcosa a qualcuno, non chiedono più nulla nemmeno a se stessi. e si dedicano
totalmente al compito di inventare nuove regole del gioco laddove, grava la
routine. Inscenano in questo modo tutta la loro vita come un esperimento
sociale dall'esito incerto e vanno su di giri al semplice ed esaltante
pensiero che ciascuno nella propria vita va in diretta ventiquattro ore su
ventiquattro.
Il loro modo di relazionarsi alla vita
prevede intatti che si agisca come virtuosi dell'irresponsabilità. senza
alcun riguardo per la propria storia personale, senza rispettare impegni e senza
temere le eventuali conseguenze del proprio agire. dal momento che tutte le
scelte sono disponibili e quelle effettuate tutte revocabili. Dalla perdita di
identità. che si costruisce solo con la consequenzialità delle nostre azioni e
con l’irrevocabilità delle scelte, nasce quel frazionamento psichico dove
l'identità vive nel gesto, misurato non sulla scala del bene e del male. di cui
non si distingue più il confine, ma sulla scala della noia e dell'eccitazione.
della ripetizione e della novità.
Nell'esperienza ormai assaporata da questi
giovani circa la loro non incidenza, neppure minima, nel cambiare le regole
di una società tecnologicamente ed economicamente, ma non politicamente o
moralmente, ordinata. ognuno va alla ricerca della nicchia adeguata dove poter
mettere in scena la propria disarticolata avventura. che appare naturalmente
come un'esplorazione delle sconosciute possibilità dell'esistenza.
Ma soprattutto questi giovani hanno ormai
imparato a rifiutare la comunicazione e a negare l'accesso al proprio cuore.
perché preferiscono tenerlo ben nascosto al centro
di un labirinto, in cui gli altri possono solo vagare senza alcuna speranza di poter
recuperare uno straccio di autentica comunicazione.
Ma che ne è di una società che fa a meno
dei suoi giovani? E’ solo una faccenda di spreco di energie o il primo sintomo
della sua dissoluzione? Forse l'Occidente non sparirà per I'inarrestabilità dei
processi migratori o per i gesti disperati dei terroristi, ma per non aver
dato senso e identità, e quindi per aver
sprecato le proprie giovani generazioni.
28 MAGGIO 2005